Ultima Cena

21.02.2025

Poiché ci si avvicina alla Pasqua non posso non parlare di uno dei più grandi capolavori del mondo che meglio rappresentano la Passione di Gesù, l'Ultima Cena affrescata da Leonardo da Vinci nel refettorio del convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie, a Milano.

In molti ammiriamo questo capolavoro per diversi ragioni: per colore, composizione, per gestualità degli astanti, per la prospettiva e per altri mille motivi, ma pochi sanno come ci spiega un' Americano Timothy Verdon uno dei maggiori storici dell'arte sacra e sacerdote, chiamato come scrive nel suo articolo Sandro Magister, da Benedetto XVI, ha partecipato agli ultimi due sinodi dei vescovi, sull'eucaristia e sulle Sacre Scritture.

Ma cosa questo affresco rappresenta, o meglio quale preciso istante rappresenti.

Eseguita tra il 1495-97, l'Ultima Cena venne commissionata dal Duca di Milano, Ludovico Sforza, rientrava in un progetto più vasto di ammodernamento e abbellimento sia del convento che della chiesa di Santa Maria delle Grazie, perché il Duca aveva pensato questa chiesa come luogo della propria sepoltura.

La direzione dell'intero progetto era stato affidato all'architetto Donato Bramante.

La Cena di Leonardo doveva assolvere alla duplice funzione: essere un'opera d'arte sacra l'immagine della "coena Domini" nella sala dove i frati consumavano i loro pasti il refettorio, dall'altra doveva soddisfare l'ambizione del Duca cioè dare lustro alla sua capitale.

Oltre all' elemento religioso che il dipinto contiene, rappresenta l'esempio più perfetto mai visto prima della nuova prospettiva, artificio che permette di aprire la parete di fondo con l'illusione di una stanza spaziosa sormontata da un soffitto a cassettoni.

Proprio grazie alla costruzione prospettica, Leonardo riesce a focalizzare l'attenzione del visitatore sulla figura di Cristo, facendo di questa figura il punto d'incrocio dell'intera composizione, infatti tutte le linee diagonali, proprio tutte ci conducono inevitabilmente a Cristo, al centro della composizione, al centro dell'intero cosmo.

Pochi anni prima, negli anni 1480-1490 Domenico Ghirlandaio, ne dipinse due di Cene, il Ghirlandaio come Leonardo, si servì della prospettiva per dare l'illusione di uno spazio reale, ma senza assegnare alla figura di Cristo la centralità dell'intera composizione.

Nelle Cene del Ghirlandaio, l'occhio del visitatore è portato a muoversi da sinistra verso destra, soffermandosi su ognuna delle tredici figure fra loro separate e quasi tutte uguali, tanto che non si riesce a cogliere immediatamente la figura di Gesù. Fra tutte le figure quasi identiche assumono posizioni diverse soltanto due: quella di Giuda, seduto al di qua dalla tavola, e quella di San Giovanni che riposa, con la testa tra le braccia.

Da un suo disegno conservato a Venezia, anche Leonardo in un primo momento, aveva pensato di sistemare gli apostoli lungo la tavola come figure isolate con Giovanni da una parte e Giuda dall'altra, ognuno preso dal propri pensieri, ma noi tutti sappiamo che proprio durante quella cena l'Ultima appunto, Gesù disse " In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà" quindi un annuncio forte, sconvolgente, un qualcosa che interessa tutti e non un solo individuo ed ecco ché Leonardo capisce che la rappresentazione non può essere questa ma la soluzione che meglio rappresentava l'annuncio era unire i dodici intorno a Cristo, così ideò i quattro gruppi ognuno costituito da tre figure, in cui l'elemento che più colpisce è l'eloquenza di più persone uniti dallo stesso impeto emotivo.

Un'altra particolarità del dipinto la gestualità dei partecipanti, Leonarda cerca di rappresentare quando più possibile quello che poteva essere veramente accaduto in un gruppo di uomini che avevano vissuto insieme per circa tre anni. Gruppi che gesticolano fra loro in vari modi ma tutti nella composizione quasi a sforzarsi a condurre l'attenzione del visitatore sull'attore principale, cioè Cristo, al centro del Cosmo.

Leonardo riesce a realizzare come nessuno prima una composizione piramidale che suggerisce, quiete e forza.

La capacita della figura di Cristo di parlare con i gesti come tutto il dipinto, apre le braccia allungando le mani: quella destra verso il bicchiere di vino, quella sinistra che mostra il pane, una figura quella di Cristo isolata posta al centro, un isolamento dignitoso da vero Re, la rappresentazione di un uomo consapevole di andare incontro alla morte accettandola liberamente, senza aureola come di solito si conviene ai Santi, ma circondato dalla nobile architettura della sala.

Inizialmente abbiamo detto che nel refettorio ci sono due dipinti l'Ultima Cena di Leonardo, difronte a questa una Crocifissione dell'artista Milanese Montorfano, si tratta di un enorme affresco firmato e datato 1495 da Donato Montorfano, e costituisce una delle poche opere certe dell'artista, nonché una delle sue ultime, dato che già nel 1497 il pittore risulta ammalato e non più in grado di lavorare.

Probabilmente l'idea di Leonardo era quella di far sì che entrambi i dipinti dovevano far parte di un unico programma artistico-religioso. Che la rappresentazione del Cristo di Leonardo derivasse da 3 fonti risulta molta chiara come scrive Timothy Verdon illustre storico d'arte cristiana, sacerdote americano, La prima è l'immagine del re e giudice fornita dal grande Cristo a mosaico del Battistero della sua città, Firenze.

La seconda è l'immagine del legislatore dell'arte paleocristiana e medievale: il Signore che allarga le braccia per trasmettere il rotolo o libro del suo Vangelo ai credenti, la pala d'altare dell' Orcagna in Santa Maria Novella, la chiesa dell'ordine domenicano a Firenze, infatti qui Cristo con la destra affida a San Tommaso d'Aquino il libro della teologia, con la sinistra offre le chiavi del regno celeste a san Pietro.

Mentre la terza permette a Leonardo di fondere perfettamente le altre due.

La posa di Cristo con le braccia estese e la testa inclinata palese segno di tristezza o di morte corrisponde perfettamente a quelle delle immagini, dell'Uomo dei dolori, dove appunto si metteva in evidenza il corpo di Gesù deposto dalla croce con la testa inclinata e le braccia estese per mostrare le piaghe.

Timothy Verdon afferma che l'intenzione di Leonardo era quella di fare della sala del refettorio un unico programma una compartecipazione dei 2 dipinti , il visitatore su una delle due pareti vedeva, nell'Ultima Cena, l'impegno di Gesù a offrire il suo corpo e sangue "per la remissione dei peccati", e sulla parete opposta vedeva nella Crocifissione l'adempimento dell'impegno, quando Cristo offrì la sua vita fisicamente sulla croce. Il fatto straordinario è questo che se Gesù dipinto da Leonardo alzasse lo sguardo, non vedrebbe altro che la grande croce del giorno seguente.

Architetto Franco  

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